mercoledì 9 giugno 2010

Presidenti del Globo Terrestre

 

Erano fogli di carta scritti, disegnati e stropicciati, appoggiati su di una spalla, tenuti dentro la federa di un cuscino. Erano gioielli rivoluzionari in una terra che stava per essere squassata dalla storia. Velimir Chlebnikov è purtroppo poco conosciuto nella nostra, ignorante patria, al limite citato (erroneamente) tra i futuristi russi. Leggerlo ancora più difficile. Ultimamente la Quodlibet ha pubblicato un libriccino che raccoglie alcune sue poesie dal nome 47 Poesie Facili e una difficile: è già qualcosa, ma poco dice di chi veramente era il Presidente del Globo Terrestre. 
Anni fa, invece, Enaudi aveva in catalogo una raccolta di poesie, adesso fuori produzione, introvabile. Sono anni che la cerco inutilmente. Disperato (eh si) e amareggiato avevo quasi abbandonato ogni speranza di poter di nuovo gustare le meraviglie nascoste in quella federa sdrucita, poi sono inciampato nel Nabanassar che, bontà sua,  sta pubblicando alcuni estratti (tratti da una copia ripescata su e-bay) dell'opera di Chlebnikov, ed in particolare  Solo noi, arrotolati i vostri tre anni di guerra.
Buona lettura.

 
Solo noi, arrotolati i vostri tre anni di guerra

Solo noi, arrotolati i vostri tre anni di guerra
in un cartoccio di minaccevole tromba,
cantiamo e gridiamo, cantiamo e gridiamo,
ubriachi del fascino di quella certezza,
che il Governo del Globo Terrestre
gia’ esiste:
siamo Noi.
Solo noi abbiamo calcato sulle nostre fronti
il serto selvatico di Governanti del Globo Terrestre,
inesorabili nella nostra abbronzata ferocia,
saliti sul masso del diritto di conquista,
alzando il vessillo del tempo,
noi – vasai che cociamo le umide argille dell’ umanita’
nelle brocche e nei bricchi del tempo,
noi – promotori della caccia alle anime
urliamo in canuti corni marittimi,
chiamiamo a raccolta gli umani armenti -
Evoe’! Chi e’ con noi?
Chi ci e’ amico e compagno?
Evoe’! Chi ci segue?
Cosi’ noi balliamo, pastori degli uomini e
dell’ umanita’, sonando il piffero.
Evoe’! Chi e’ piu’ grande?
Evoe’! Chi e’ piu’ avanti?
Solo noi, saliti sul masso
di noi stessi e dei nostri nomi,
fra un mare di vostre maligne pupille,
solcate dalla fame dei patiboli
e contorte dall’estremo orrore,
sulla risacca dell’urlo umano
vogliamo che ci si apostrofi e d’ora in poi ci si onori
Presidenti del Globo Terrestre.
Che sfacciati – diranno certuni,
no, sono santi, obietteranno gli altri.
Ma noi sorrideremo come dei,
additando con la mano il Sole.
Trascinatelo ad un guinzaglio per cani,
impiccatelo alle parole
“Liberta’”, “Fratellanza”, “Uguaglianza”,
processatelo al vostro tribunale di sguattere,
perche’ sulle soglie
d’una molto ridente primavera
ci ha ispirati questi bei pensieri,
queste parole e ci ha dato
questi sguardi sdegnosi.
Il colpevole e’ Lui.
Noi non facciamo che adempiere il bisbiglio solare,
quando verso di noi erompiamo come
capimandati dei suoi ordini,
dei suoi severi comandi.
Le pingui folle dell’umanita’
si stenderanno sulle nostre tracce.
Dove noi siamo passati,
Londra, Parigi e Chicago
per gratitudine sostituiranno i loro
nomi coi nostri.
Ma perdoneremo una tale stoltezza.
Tutto questo e’ di la’ da venire,
e intanto, madri,
portate via i vostri figli,
se apparira’ in qualche posto uno stato.
Giovani, saltate e rintanatevi nelle spelonche
e nel profondo del mare,
se in qualche posto vedrete uno stato.
Ragazze e chiunque fra voi non sopporta l’odore dei morti,
cadete in deliquio alla parola “frontiere”:
esse odorano di cadaveri.
Eppure ogni ceppo fu un tempo
una bella conifera,
un pino fogliuto.
Il ceppo e’ perverso soltanto per questo,
che su esso si tronca la testa agli uomini.
Cosi’, stato, anche tu
sei parola assai bella nel sogno,
composta di ben cinque suoni:
con molte comodita’ e refrigerio.
Sei cresciuto in un bosco di parole:
ceneriera, fiammifero, cicca,
pari tra pari;
ma perche’ si va nutrendo d’uomini?
Perche’ il paese natio s’e’ fatto cannibale,
e la patria sua sposa?
Ehi! Ascoltate!
A nome dell’intera umanita’
ci rivolgiamo con messaggi di pace
agli stati del passato:
se voi siete splendidi, o stati,
come amate narrare di voi stessi
e di voi costringete a narrare i vostri famigli,
allora perche’ questo cibo agli dei?
Perche’ scricchiamo, noi uomini, nelle vostre mandibole,
tra zanne e denti molari?
Ascoltate, stati degli spazi,
ecco ormai da tre anni
voi fate finta
che l’umanita’ sia soltanto una pasta,
un dolce biscotto che vi si scioglie in bocca;
e se il biscotto scattera’ come un rasoio, dicendo, mammina?
Se lo spargeremo di noi,
come d’un tossico?


Continua (1 di 2)

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