sabato 17 giugno 2017

Le fiamme di San Giovanni



"Io non so se le particelle piriche del mio 
disagio fanno una miccia che incendia."

Mariangela Gualtieri
tratto da "Per non sapere dove siamo"


E' strappata e tesa, per quanto possa negarlo.
L'impressione di quando torni alla veglia dal sogno, e di soprassalto.
Cintura di sicurezza, si tende, di colpo che ti sfila la gravità come un calzino, dal basso la spina dorsale fino agli occhi.
(che chiudi)
Quella che è strappata e tesa è la realtà, il tempo ne è tessuto, intrico, una maglia capillare e organica.
Tesa.
Vero, e per frizione, come slabbrando l'atmosfera:
non facciamo che precipitare!
Voi!
E
l'eco delle voci
voi, niente che scia
niente altro che i relitti in fiamme di una cometa.
Voi!
stringetevi l'uno con l'altro
sarà presto l'ora del grande impatto.

Il plesso, come un guscio di noce.
Niente tiene, mentre semplicemente la pressione delle ossa, cede, si spezza tutto come è normale e vita, crolla ogni struttura.
Certo il perdersi. Certo il penetrarsi. Certo è il torcersi, quanto lo è urlare.

Ogni attimo di caduta libera
illumina il cosmo sconsiderato
di fiammeggianti martiri,
precipita ogni epoca
cancella vendetta. Odio. Amore.

E' lontano. Terminato
l'eco, non più voce.

La tela è il vetro,
si strappa
si infrange.

La mente come quella di un animale: adrenalina e DMT.
Voi!
E
come a San Giovanni
voi, tutti, con il muso al cielo.

venerdì 28 aprile 2017

Carta gialla capricci ( o, la caffettiera va' solo accesa)

Francisco de Goya y Lucientes, “Capricho No. 63 – Miren que grabes” (1799)

Per Francesca
per la faccia tosta 
di sbagliare ogni volta
mettendocela comunque, 
per  quel sottilissimo
dolce 
crescere e soffrire
(e vista la mia scimmiesca 
calligrafia da sbronzo).

Questo è il Goya
appendilo dove vuoi.

(Perché)Quello che conta davvero è il tempo
bisogna assumersi, assodarlo.
Quello che conta davvero è che adesso
ogni voce è il più prezioso dono.
Quello che conta davvero è adesso
che ogni voce sono.

La morte un'inespressa costante
per ogni attimo è l'Eternità Dorata
per ogni respiro un universo si espande.

Io sono la voce ed il tuo perplesso amore,
bisbiglio
oltre quella retta luce perfetta,
oltre lo sguardo più sicuro che ho
ben conosco la fraternità che lega, freme.

Mentre abbraccio ogni tuo muscolo contratto
ogni riflesso. Un quadro. Un orecchio.
Mio amore scusami.
Ne dipingerei il mondo e via da capo!

(Questo è il Goya
appendilo dove vuoi.)

lunedì 3 aprile 2017

Notte alla tana del grillo

Egon Schiele : Ragazza nuda accovacciata, la guancia inclinata sul ginocchio diritto, 1917.
Per N.
Odore di terra rossa alla base del collo
vicino alla tana del grillo,
di là dalla luna azzurra,
seguii
la linea tirata a china del cammino eterno,
un picco di montagna carezzato a boschi,
che fianco a muso del tuo compagno Coda di Stella,
l'ombra del mio frondoso braccio
hai cercato, scelto e letto
con labbra socchiuse
e denti, non guardie bianche ma pronte al morso.

Dalla notte rottofiato
alle sponde di questo fiume ventoso e grasso di sole,
ti sei seduta baciandomi il corpo:
canto di pace e strada
musica zingara, premessa a pace,
eterno è il suono
una dorata impresa,
deliziosa carne e primamante.

Sei rimasta o t'ho raggiunta:
la pelle sulla pelle
in te, come quando rinasco:
canto di pace, di cielo, di laguna
musica è fiato d'amante,
ogni gesto, ogni cielo e ogni fortuna
ogni gesto sacro come una promessa fatta.

Un segno
che chiede in piedi, il gusto
che manca d'averti, il gesto,
odore di terra rossa:
per ogni linea tirata a china
per ogni storia, sorella, ogni dolcezza.

Perché è il destino a mischiarci
quanto l'unica impresa averci ancora.

sabato 18 febbraio 2017

Canzone per Marie

Hopper -  Summer interior (1909) 


Marie lui è tornato e tu sei di nuovo in ombra
che non parla, afferma,
mangiandosi le parole si sciacqua nella bottiglia

e ricomincia come un fiume che parla d'Europa

e giganteschi discorsi di poesia

e senso A e senso B
e faccia A e faccia B, stesa sul tavolo
prima respira l'amaro che gli frusta i muscoli
nel ghigno tirato che gli avevi visto riflesso nel fuoco

La rabbia Marie! diavolo silenziato
nel sedile di dietro del taxi,

che aveva in volto
che ha mentre ti colpisce
forte
dritto contro il plesso

C'EST MOI L'ARTISTE!

Il blue esplode
le ossa che cedono alla passione delle carezze
di un uomo
che non mangerà la zuppa fredda

perchè

lui

è il Re.

E non scriverà mai più, Marie
quelle stronzate da gente piccola e critica,
mentr'urla,

che ti lasciava sul cuscino quando non dormiva
la notte, Marie
che non tornerà più.

La storia che quelle povere mani raccontano
(ti uccide Marie)

Perché fra quella gente la, Marie,
non si vive, Marie.
(on triche)

dedicato a Marie Trintignant

mercoledì 1 febbraio 2017

FFF

Philip K. Dick

Per ogni porta chiusa ed i suoi supposti futuri fantastici
serve un nodoso piede di porco dell'anima
un'instabile, fradicia, dinamite cosmica.
6,4 tonnellate di plutonio-239
innescati da una bomba grande quanto il satellite di un pianeta gassoso (a caso).
Quando esploderà, l'Universo,
prima di collassare, si fermerà 3 secondi,
quasi in imbarazzo,
tipo il coyote prima di fischià di sotto.
Fottuto Futuro Fantastico.

sabato 28 gennaio 2017

Toulouse

Henry del Toulouse-Lautrec - La toilette

Toulouse aveva un amore per ogni stanza
di quella grande calda casa in fondo al vicolo stretto,
ai ripidi scalini pestati
agli angoli umidi, alle finestre strette,
nelle soffitte scure, tra i riccioli d'ambra,
sottogni balcone nella notte a Mont-Martre.

Ogni carezza di quelle mani tozze e gonfie
ogni risata sgraziata del collo
ogni goccia di sborra urlata
riempie d'amore questi uomini soli.

Come un cristo deforme tra le meretrici luminose
sopra la città stellata
balla il nano e canta il nano
la sua preghiera di china
vergata su fogli gialli.

Prima che arrivino i ragni.
Prima che arrivino i ragni.

L'amico dai capelli biondi
in attesa del suo ritorno
fischia lungo la Senna, passeggia pensando al fratello.
Va e compra un litro d'assenzio
una stecca d'hashish ed un girasole fresco.

Per ogni carezza di quelle mani tozze e gonfie
per ogni risata sgraziata, tuonante del collo
in ogni goccia urlata di sborra
parla d'amore a noi uomini soli.

Scende come un cristo arrapato tra noi poveri uomini sordi
stufi di questa città stremata
raglia il nano e dipinge il nano
le sue donne vendute, le sue dolci amanti:
primo pensiero di ogni sua tenerezza.

Prima che arrivino i ragni.
Prima che arrivino i ragni.

Ed anche Toulouse aveva una madre
una matrona tuonante di piume di struzzo figlia di un generale
gerarca, nobile, di un futuro impossibile.
Generato dalla carne quanto tradito da essa,
amato tanto da scavalcare i monti
da l'alto della sua minuscola maestosità.

Non fece che amare, Toulouse,
una troia e la sua pelle di cannella,
stretto a lei sotto quel tetto così alto
abbracciato d'occhi verdi.

Ogni carezza di quelle mani tozze e gonfie
ogni risata sgraziata del collo
ogni goccia di sborra urlata insieme
riempie d'amore questo mondo arso d'invidia.

Come un cristo dolente urla
in alto sulla collina di questa città bruciata,
non balla il nano ma canta
le sue bestemmie di china vergata in fogli gialli.

Prima che arrivino i ragni.
Prima che arrivino i ragni.

(ispirato dal libro di Alessandro Barbero L'ultimo rosa di Lautrec)

domenica 22 gennaio 2017

Lisbona

opera di Duma Arantes qui pinterest

Ho tracciato ogni lettera d'amaro.
Non c'è che cenere intorno a questo letto sfatto, brandelli di carta e ricordi d'inchiostro.
La fiducia è un cane cieco. Sordo da un orecchio. L'olfatto compromesso dal pelo bagnato di strada.
Il più crudele dei disegni prende il posto di ogni bugia che provai a far diventare eterna.
La luce delle macchine inferocite in strada filtra dalle veneziane: per un momento riempie l'appartamento di mille insetti leggeri.
Muore zoppo l'ippogrifo e nessuna fata è sopravvissuta all'eccidio delle polveri. Solo cenere e resti di poesie bruciate.
Penso Lisbona, i piedi nell'oceano.
Azulei
- Azuleyos!
Sento il suo ventre che sfiora il mio, sedendosi su di me, mentre mi solletica con la sua fica rigogliosa accenno un sorriso nella sera tranciata.
Perle scure. Occhi che non ti specchiano. Ti annegano. Ti mandano sotto.
Al di la della malinconia di cui non restano che le macerie di un rimpianto. Parole violente. Frasi affilate come lame.
S'alza il vento facendo sbattere le persiane con l'entusiasmo elettrico che precede i temporali l'estate.
Come se la risposta si fosse vestita di un esile giustificazione per esistere.
Una volta di troppo. Probabilmente più di tre. Certamente tanto da non rendermene conto.
Si mette un dito in bocca. Si lascia scivolare giù, scivola. Sciogliendosi verso il mio membro duro e pulsante.
Alito di vaniglia dentro a labbra tumide.
E' stato amore?
Una comoda rinuncia a me stesso?
Perle scure che mi guardano e mentono.
Promettono consapevolezza ma non fanno che costruire una dannazione che mi sarà compagna. Spietata. Lucida.
Non degno, forse. Il ricordo si offusca nell'ombra, marcisce, non solo anima.
Tanto che urlo.
Non basta l'alcol. Non serve consolazione. Nessuna droga che mi liberi.
L'imposta della finestra cede alla pressione della tempesta illuminando la stanza buia di lampo.
M'illumino il volto. Contratto. Cosa resta?
Il sospiro dopo il coito che scarica a terra tensione, fiato, sangue e carne, pelle ch'era e non sarà che una leggenda raccontata da nessuno.
Rimango in silenzio mentre la pioggia mi batte in faccia.
Sa di ferro. Delusione e fredda masticanza.
La sigaretta bagnata.
Un bicchiere vuoto e solo i miei occhi azzurri.

giovedì 8 dicembre 2016

La nascita di Caino


"Guardate:
hanno di nuovo decapitato le stelle
e insanguinato il cielo come un mattatoio.

Ehi, voi!
Cielo!
Toglietevi il cappello!
Me ne vado!

Sordamente l'universo dorme,
poggiando sulla zampa
l'orecchio enorme con zecche di stelle."

Vladimir Vladimirovič Majakovskij - La nuvola in pantaloni

Strilli d'avvento.
Trombe rauche sopra i tetti degli uomini.
La carne rompe il sigillo oscuro che la relega a condanna
che per essere, sola s'impone.
Sopra i tetti degli uomini
s'odono strilli d'avvento.
Carne frequenza spirito
freme sotto le radici dei corpi proni
nelle lande interconnesse
tra luna
e il figlio bastardo della terra blu elettrico.
Trombe rauche svuota polmoni
infrangono il silenzio eliseo
dei lavoratori interinali.
Caino si smaschera.
Urla: chiama a raccolta i suoi figli.
In piedi sopra i tetti degli uomini
parla con i fantasmi
annuisce
col crine fulvo sposta banchi di smog ad ogni movimento del capo.
Sembra confortare il padre
con la mano destra aperta,
in verità, con la mano sinistra guida la lama crudele a tormentargli il costato.
Strilli a cavallo del vento battono le strade ignare.
Trombe rauche rispondono dai polmoni di silicio dei figli e delle figlie di Lilith,
prendendoli dal sonno:
perché urla e sogna:
perché urlano e sognano.
Euridice rimane sgomenta vedendo Orfeo girarsi per guardarla in faccia.
Strilli d'avvento.
Medea mastica con gusto e mastica
le membra dei propri figli.
Sorride adesso, gode insieme all'urlo rauco che spazza le strade degli uomini.
Ancora e ancora penetra l'acciaio nella carne del fratello più debole:
Caino si segna il petto
con il sangue
dei quattro nomi di suo padre.
Non lo pronuncia.
Non lo invoca.
Posa le ginocchia alla terra masticando la sua più profonda passione.
Leva la giacca perché non ha freddo e non conosce vanità.
Si rotola nel fango per togliersi pantaloni ed intimo perché non ha freddo e non conosce vergogna.
La terra il sangue gli umori le lacrime la saliva lo sperma il membro duro e pulsante
s'erge
come una torre che penetra il cielo.
La succube si piega sulla carne
strazia la carne
morde la carne sotto al fango e la saliva,
altrove alle parole,
Lilith non si nega ed esplode di piacere.
Salgono gli strilli d'avvento.
Salgono le trombe rauche sopra i tetti degli uomini.
Il membro la prende fra le cosce da Dea bianche d'umore sature
fra i denti come guardie
della lingua non nega voluttà.
Mentre lei lo prende
e il significare uomo e donna
o demone e angelo
non ha importanza
intorno a loro crolla l'esistere
soccombe il reale.
Sogno si desta,
mentre Orfeo sodomizza la sua condanna sulle soglie dell'Ade.
Gridano gli dei perduti mentre i tetti si sgretolano.
Sotto, fra gli strilli d'avvento
c'adesso uccidono i cani e i loro padroni
e i loro padroni.
Strilli d'avvento.
Trombe rauche sopra i tetti degli uomini.

mercoledì 23 novembre 2016

Lettura da appesso (e XIII dopo)

per C.

Quattro tarocchi tirati dal mucchio.
Tre letti.
L'altro è più importante
coperto.

L'Appeso cosa mia in effetti
tanto oltre il personale inganno,
l'incedere in dubbi voluti:
marchiati a carne.

Oltre per destino tanto per caso
tre lame dal mazzo
senza averle cercato stanno.

Sapere la colpa, la propria,
che ti rappresenta, la cura
quanto sta' sobrietà,
nonostante il viola sotto
alla ghiottoneria.

venerdì 4 novembre 2016

Ubriaco in pieno sole ( o Rossoltrarno)



Perde profondità e tempo Santa Croce
disegna se stessa limitandosi
coi pastelli, poche linee impressioniste
al tramonto, in Aprile.

Replica in turco chi ti vende
birra da panchina e masticare,
di piazza in Piazza
Firenze,
che è una troia ebrea venduta a spanna.

Per ogni passo
pennello in olio
sospiro d'Oltrarno.
Per ogni vergine orientale,
per i froci sacri
mascara che taglia l'Arno
e sabot dorati in saldo
per i figli scalzi di Via del Corno.

Quanto più che mi faccio
cinico e ubriaco.