giovedì 27 agosto 2015

XVIII – QSp – KSp

“La mia unica realizzazione sarebbe la realizzazione della vacuità.”

Sei completamente seduta sul tuo progetto. Come sempre determinata, l’intento ben radicato mentre apprendi. Una spada forgiata dalla determinazione. Lì lo sguardo, con una precisa determinazione.

Forse l’unica scelta. Forse l’immagine di una volontà implacabile.

Affilata, d’acciaio. Tenuta da una mano paziente, protetta da un elsa forte, intelligente: non hai che da sferrare una stoccata, non hai che da sferrare una stoccata e intanto ti proteggi.

Alle spalle il Re. Del tuo seme. Determinato e spada in resta, elsa d’ottone, pesa, ferma e sicura, retta da una mano divisa fra la conservazione e l’istinto. Stoffe che nascondono l’impugnatura: quasi completamente. Quel blu, denso e scuro è una coda del mantello della Regina.

Le copre la gamba, Le scalda la schiena.

Lei, lì, mette uno scudo, la mano ferma e sana: a protezione delle viscere.

Il Re guarda altrove. Poggia con una pazienza determinante, aspetta la fine d’ogni rituale e gesto, assolve con mano ferma ogni contesto, giovane e risoluto come un insetto.

Alla sinistra della Regina, oltre la spada, c’è il cane avido, primo sulla destra. Protegge il prato e s’impone a prima vittima nel caso alla Regina cada il colpo, s’intende.

Tre Arcani sono parte di una vacuità. Parte di uno scherzo dei contrari.

Considerazioni in base a simboli relazionati nella più arbitraria delle associazioni: l’impressione, mia Regina, non come oracolo: piuttosto per sangue. E simile. Carni. Piuttosto il letto, ammesso, dietro l’augusto siparietto imbastito, come sempre, alla fine delle recite. E che van fatte. Cani. Rettili.

Mi consola lo scudo, determinazione e forza. Non mi sorprende Signora.

Ogni cosa è portata dall’Intento. Decidere quando calar la spada. Una tentazione e che prude.

E’ un buon momento?

Posso farlo anche mentre Lui non guarda?

E.


Una volta che avrò sferrato il colpo, cosa tratterrà la sua mano dal non fare altrettanto?

giovedì 12 febbraio 2015

Lettura con specchio la Giustizia

Tende all'unità delle quattro istanze dell'essere umano: intelletto, sentimento, desiderio, necessità fisiche.
Le dita della mano piegate. quattro che si congiungono al pollice come un'unità delle percezioni terrene.
Se strette, quattro che cercano uno, tengono l'Uno che permetterà di comprendere l'intento: perchè sua la corona che tende al divino.
Anche se perfettamente terrena, rappresenta in sé, nelle scelte imperfette ( di conseguenza non simmetriche) che devono essere compiute per perseguirla, il miglior accesso a quella che sarà la prossima comprensione. Quanto un giusto limite, forse.
Questo, lo specchio, è la giustizia.
Il cambiamento.
L'elevazione.
E' possibile.
La brutta notizia è che il rischio è di finire col girare intorno. Deve essere difficilissimo metabolizzare alcune delle lezioni che vivendo ci vengono inflitte, capire e capirsi è un lavoraccio, smistare i buoni consigli dai pessimi ancora più arduo, scegliersi una credenza qualcosa di epico.
Madri, amiche sicure di quel che covano...
La buona è questa stessa figura, in attività.
Donna, come prima, istintiva e soggettiva del lettore. Per esperienza congruo, resta interpretabile nel genere a seconda della lezione che dev'essere appresa.
E' importante. perchè guarda precisamente il cambiamento in faccia.
Quell'idea covata che non attendeva che il giusto consiglio, forse.
A prescindere dal facile entusiasmo estetico della percezione momentanea, ogni cambiamento è ineluttabile e necessario e non può essere tale senza una rottura.
Senza dolore, membra orfane e teste recise.
Il prossimo passo potrebbe anche essere seplicemente applicare la sentenza.

Personalmente.

Accetta quel consiglio ed applicalo con integrità.
Verso il celeste, o verso il prossimo giro di giostra.

(XX-XIII-II)
sp.VIII

sabato 24 gennaio 2015

La scelta dell'Eremita

La luna, come il sole del resto, ha una faccia. Essa guarda. Ricettiva per eccellenza e femminile.
Può essere un porto cui approdare. Rigoglioso quanto disseminato d'indizi, dal quale vedi oltre.
Può essere terra fertile e sicura, alle spalle.
Due scelte. Una legata all'altra e successive. L'altra subìta probabilmente per le conseguenze dell'aver scelto l'una.
Per andare oltre serviranno sangue ed ingegno: nell'ordine.
Le due fiere si affrontano ed andare oltre è impossibile se non affrontandole entrambe.
La prima è terrena. Un'azione, una presa di posizione compiuta con la  supponenza del buon investimento, se non del pensare che ci possa essere un cielo stellato a vegliarti.
Ammetti che si è trattato di un modo per trattemerti qualcosa, piantarlo a terra. Con il motore acceso, pronto, ma che non ti muove di un millimetro da dove sei perché è tutto il resto che ti fai girare intorno: allora potrai passare.
La seconda bestia sarà subito lì dietro.
Accettarla l'unico modo per vincerla.
Comprenderla.
Per questo sarà stato così importante togliersi di dosso l'arroganza che fino ad ora ti bloccava.
La strada é imboccata, tornare indietro impossibile, il giudizio inappellabile e compimento.
La realizzazione, in bene o in male di una vita a portata di mano.
Forse un'illuminazione, una presa di posizione, una condanna, un fulmine.
Qualcosa che rimette in moto il semplice piacere di vivere dopo la promessa che tutto può succedere.
La possibilità di farlo.
L'alternativa: una placida compiacenza liquida.
In effetti non male, con molti sogni ed alte torri all'orizzonte.
Un gran bel gilet.
Ma l'alternativa!

Mentre Lei guarda.

( XX - XVIII - VII)