mercoledì 2 settembre 2009

Premessa ( o il risveglio del primo uomo)

Anni passano sulla terra sacra
piedi nudi
muli, cavalli e carovane.
Anime dannate e anime perdonate
folle e voci, cariche e commosse
uomini e donne , uomini santi e promesse
insieme voti e sussurri.
Verso il sole morto
attraverso la terra rossa
insieme al sudore
mentre ragliano le bestie.

Verranno i profeti!

Vengano i predestinati.

L’ora della promessa passa insieme al sudore
cola
si scioglie dall’eremo dov’era accasata
sicurezza e protezione.
Comodo.
Futuro che diventa avanzi per la bestia che sbrana il mondo.

Avanti!

Avanti!

È socialismo per bastardi.
Uomini a pezzi o greppia
a cui nutrire i vostri porci.
Condanna e cibo per tanti
pensiero che li abbevera e non scusa
presenti, e tutti.
Merce, spot alla fine del primo tempo
mentre chiamano alzano le mani
urlano saltano sgomitano
si fanno spazio a calci e pugni
nella ressa
simile
ripetuto
ritornato
invoca.

Male la voce che sale
odio dalle grida che chiamano.
Replica.
Tutto torna.
Tace il destino.
L’anima del mondo brucia sotto al fosforo che cade
deposto dalle giacche stirate,
da uomini stanchi
tremuli, incarnano il non-essere.
Ama e regna e decide
sceglie e condanna.

Re Nudo.

Aquila.

Non essere, tutto.
Volontà come acciaio esposto
nervo terrigno della vergogna che generasti
dalle urla della femmina e femmina
è genere come il bianco sfuma dalla luce
vede i simboli l’eletto.
Codifica. Stop. Linea. Stop. Punto. Stop. Linea. Stop.

Da solo.
Implica e non nuoce.

Se.

Sé.

Mi espongo attraverso il sangue
cola dalle vertebre
complicato, in codice
rumoroso essere.

Non!

Sé!

Vede e implora.
Uomo in macchina come
scatola di morte come
condanna a morte come.
Lirico l’insulso genera:

PRELEVA

dal caos l’immemore
feto impuro, viscido
non-pensiero
non-giudizio
essente al senso convoca
la corte piacente.

Morte lo saluta
Disprezzo inchina
Dolore s’erge nel mantello orlato
miete Orgoglio le sue messi d’oro
Rumore s’inchina a
Silenzio immoto principe
Disperazione spezza
Tempo ancora assiste
e intanto tutto scorre.
Sorge sole al fondo
illumina in vita
crea l’ombra e tutto riprende.
Incarnato un grido
pietà strazia.
Non eletto Caino aspetta.

mercoledì 29 luglio 2009

Grana di cane

come un quadro ad odio
come un'ancora l'immagine è vergogna,
un ultimo riflesso prima di andare
primo solo l'ultimo sguardo. come una
verità corrotta
s'arresta immobile mentre
un latrato fende l'aria.

sostanza resa

occhio impresso
un morbido percorso inverso.
irride, fuori, l'iride e l'ombra contratta
con il giorno torno
in carne.

resto ansioso

vedo l'intimo
subìto amplesso
chioma folta d'eroe
zigomi alti.

un "diventa niente"

in un cielo scuro:
- cagna 'u munno che trovai -
perchè piangendo perdevo la libertà.

lunedì 20 luglio 2009

La sera aspetta



È la pioggia di sangue che aspettiamo per questo pomeriggio apatico
è da dietro
da sotto la tenda che vedrai la luce muoversi,
perché
      s’alzerà il vento
      dai passi irregolari
      sottoposto a forza
      sono fiato mentre mio padre avanza
      ed il lampo come un inatteso giorno.
Non tarda a cadere.


La sera che aspetta quasi non volesse sentirsi disattesa
mentr’apre il velluto con le braccia scure
sussurra, la pace, frustandosi il seno.


La curva apprezzo
dalle dita e sulla schiena,
scriverà la sorte del mondo appesa
quando in viaggio
verso il tropico del cancro
      s’alzerà il vento
      dai passi irregolari
      sottoposto a forza
      sono fiato mentre mio padre avanza
      ed il lampo come un inatteso giorno.
Non tarda a cadere.

mercoledì 15 luglio 2009

Miele e cera


Jenny scende piano come quando le parole e gli occhi
stringe al cuore il petto i vetri
in pezzi di un bicchiere infranto.
Comiche scintille, girano
ed incomplete, al capo
inchina già la fronte,
inquieta fronte al pianto
tu figlia e madre e amante.

Mentre prega s'alza e prega
l'incauta luce veste
e s'alza e prega inquieta figlia.

S'alzi e svesta perchè ha dentro ancora dubbi
ancora incede in pena.

S'alzi e svesta perchè ha dentro ancora dubbi
ancora incede in pena.

Resta in calma e inquieta veglia
perchè l'incubo del giorno ceda la violenza
ieri in niente sfumi,
calma in terra
in sogno come in carne al sonno spera
prega: in miele e cera.

domenica 12 luglio 2009

San Francesco d’Assisi, stanco, si china e beve. Gli parlano le rocce.


Nel letto del fiume d’acciaio
nuota, la vita, in volute lento,
crepa la roccia lo sgomitare indomito
risale il corso con la forza di un titano.
Disintegra la pietra con le sue spinte rabbiose
animato dall’odio, diresti!
Sussurrato all’orecchio da uno spirito di vendetta,
crepa e frantuma
come il presente il futuro farà breccia
sotto le sue armi
già forti
tenace e coriaceo mostro,
vedendolo: un’arma, perfetta.
Crepa pietra in sabbia.
Ogni schianto sprigiona energia.
Ogni gesto potere espresso.
Ogni passo sangue stillato e dolore.
Se fossi pietra.
Se le tue mani conoscessero la passione della materia
ogni atomo fratturato ti canterebbe le gesta
dell’eroe perduto.
Ogni grammo di solitaria calce
dispersa ametista,
radiosi cristalli chini come ancelle aspettano
non il sole e il vento di settembre,
non la luce ma quell’ombra che passi fra loro.
Il sale, molecola timida e conforme
prezioso paggio quanto ridicolo servo
di un umano scambio,
attende e spera, anch’egli, che giunga a liberarlo.

Riflette da un lontano giaciglio
la stanchezza e l’oblio
della terra frantumata.

Olio su carne il sangue versato non può che condurre ovunque un giorno
pronuncerò “casa”.
La polvere intorno, accarezzata dai venti
si posa soffice come un perdono inatteso.
L’improbabile traccia di un sogno
come un sentiero si snoda,
depositata ad eterno monito.

sabato 11 luglio 2009

La notte ad Orgiva

L’estate incredula tocca le mie mani contratte
verse in alto al cielo
i segni senza voce come una risposta
disegnano voci stanche e corpi tesi
come voglie che non possono chiamarsi ancora.

Meglio ridere sotto gli occhi dei cani
prendere coscienza e non guardarsi indietro.

Livido, scelgo niente perché senz’anima non è decente,
meglio ancora il silenzio
che le tue braccia sciolte,
meglio ancora ridere con i denti stretti
mentre m’incrino e canto,
meglio sarebbe scegliere il perdono
sarebbe un attimo, l’ennesimo conforto, il cuore caldo.

Scelgo di non meritarmi
perché la mia colpa è scritta.
Vedo il muoversi dei corpi
la dolcezza attraverso la notte semplice.

Luna, figlia, memore vestita dei riflessi che non ti aspettavi
adesso testimone delle mani
dei sorrisi, dei colori attenta.

Un confine che va dal mio palmo al tuo petto, dal tuo palmo al mio petto.


Mettere le mani a terra.
Metto i palmi sulla sua pelle calda.

Apro, digrigno, ride l'asina
scuote le anche
la troia si sveste piano e quando le conviene.

Anima la festa.
Offre saliva.
Tequila.

Conosco molte lingue ed un po di notte da attraversare
e seguo un cane da cinque anni
lo guardo scodinzolare
tra reale ed inganno.

Dimmi. Amore mio.
Parlami condanna.

Senti tra la pelle ed il ventre nudo,
nell'acqua mossa,
accanto alla strada, cosa chiedermi.
Quale domanda prendere, scegliere,
nel mazzo delle risposte a tutto.

Meglio forse chiedere se il giusto conosce paura,
giusto forse temere che credere al terrore.
Meglio reggere l'inganno del se
che nulla nuoce al se
che chiedere un altro spazio,
sognato, la poesia
e trascendere.

Errante ignoto lascio
una memoria che niente stringe.

giovedì 9 luglio 2009

Eniwetok

Un silenzio devastante
come un tuono
più potente,
grande che scompari sotto ai suoi petali in fiamme
mentre cerchi una ragione
scritta
tra i suoi petali incandescenti.

Sale dal suolo penetrando il cielo,
strappa le nuvole come cotone
esita,
sembra
si goda l'atmosfera
cullandosi,
senz'ali
sospesa.

Mentr'urla ormai padrona
già pregusta la vittoria,
che di questi insetti conosce l'odio
che non saranno cento, mille e ancora braci
che terranno in vita il fuoco
troppo scomodo
della memoria