sabato 28 gennaio 2017

Toulouse

Henry del Toulouse-Lautrec - La toilette

Toulouse aveva un amore per ogni stanza
di quella grande calda casa in fondo al vicolo stretto,
ai ripidi scalini pestati
agli angoli umidi, alle finestre strette,
nelle soffitte scure, tra i riccioli d'ambra,
sottogni balcone nella notte a Mont-Martre.

Ogni carezza di quelle mani tozze e gonfie
ogni risata sgraziata del collo
ogni goccia di sborra urlata
riempie d'amore questi uomini soli.

Come un cristo deforme tra le meretrici luminose
sopra la città stellata
balla il nano e canta il nano
la sua preghiera di china
vergata su fogli gialli.

Prima che arrivino i ragni.
Prima che arrivino i ragni.

L'amico dai capelli biondi
in attesa del suo ritorno
fischia lungo la Senna, passeggia pensando al fratello.
Va e compra un litro d'assenzio
una stecca d'hashish ed un girasole fresco.

Per ogni carezza di quelle mani tozze e gonfie
per ogni risata sgraziata, tuonante del collo
in ogni goccia urlata di sborra
parla d'amore a noi uomini soli.

Scende come un cristo arrapato tra noi poveri uomini sordi
stufi di questa città stremata
raglia il nano e dipinge il nano
le sue donne vendute, le sue dolci amanti:
primo pensiero di ogni sua tenerezza.

Prima che arrivino i ragni.
Prima che arrivino i ragni.

Ed anche Toulouse aveva una madre
una matrona tuonante di piume di struzzo figlia di un generale
gerarca, nobile, di un futuro impossibile.
Generato dalla carne quanto tradito da essa,
amato tanto da scavalcare i monti
da l'alto della sua minuscola maestosità.

Non fece che amare, Toulouse,
una troia e la sua pelle di cannella,
stretto a lei sotto quel tetto così alto
abbracciato d'occhi verdi.

Ogni carezza di quelle mani tozze e gonfie
ogni risata sgraziata del collo
ogni goccia di sborra urlata insieme
riempie d'amore questo mondo arso d'invidia.

Come un cristo dolente urla
in alto sulla collina di questa città bruciata,
non balla il nano ma canta
le sue bestemmie di china vergata in fogli gialli.

Prima che arrivino i ragni.
Prima che arrivino i ragni.

(ispirato dal libro di Alessandro Barbero L'ultimo rosa di Lautrec)

domenica 22 gennaio 2017

Lisbona

opera di Duma Arantes qui pinterest

Ho tracciato ogni lettera d'amaro.
Non c'è che cenere intorno a questo letto sfatto, brandelli di carta e ricordi d'inchiostro.
La fiducia è un cane cieco. Sordo da un orecchio. L'olfatto compromesso dal pelo bagnato di strada.
Il più crudele dei disegni prende il posto di ogni bugia che provai a far diventare eterna.
La luce delle macchine inferocite in strada filtra dalle veneziane: per un momento riempie l'appartamento di mille insetti leggeri.
Muore zoppo l'ippogrifo e nessuna fata è sopravvissuta all'eccidio delle polveri. Solo cenere e resti di poesie bruciate.
Penso Lisbona, i piedi nell'oceano.
Azulei
- Azuleyos!
Sento il suo ventre che sfiora il mio, sedendosi su di me, mentre mi solletica con la sua fica rigogliosa accenno un sorriso nella sera tranciata.
Perle scure. Occhi che non ti specchiano. Ti annegano. Ti mandano sotto.
Al di la della malinconia di cui non restano che le macerie di un rimpianto. Parole violente. Frasi affilate come lame.
S'alza il vento facendo sbattere le persiane con l'entusiasmo elettrico che precede i temporali l'estate.
Come se la risposta si fosse vestita di un esile giustificazione per esistere.
Una volta di troppo. Probabilmente più di tre. Certamente tanto da non rendermene conto.
Si mette un dito in bocca. Si lascia scivolare giù, scivola. Sciogliendosi verso il mio membro duro e pulsante.
Alito di vaniglia dentro a labbra tumide.
E' stato amore?
Una comoda rinuncia a me stesso?
Perle scure che mi guardano e mentono.
Promettono consapevolezza ma non fanno che costruire una dannazione che mi sarà compagna. Spietata. Lucida.
Non degno, forse. Il ricordo si offusca nell'ombra, marcisce, non solo anima.
Tanto che urlo.
Non basta l'alcol. Non serve consolazione. Nessuna droga che mi liberi.
L'imposta della finestra cede alla pressione della tempesta illuminando la stanza buia di lampo.
M'illumino il volto. Contratto. Cosa resta?
Il sospiro dopo il coito che scarica a terra tensione, fiato, sangue e carne, pelle ch'era e non sarà che una leggenda raccontata da nessuno.
Rimango in silenzio mentre la pioggia mi batte in faccia.
Sa di ferro. Delusione e fredda masticanza.
La sigaretta bagnata.
Un bicchiere vuoto e solo i miei occhi azzurri.