domenica 12 luglio 2009

San Francesco d’Assisi, stanco, si china e beve. Gli parlano le rocce.


Nel letto del fiume d’acciaio
nuota, la vita, in volute lento,
crepa la roccia lo sgomitare indomito
risale il corso con la forza di un titano.
Disintegra la pietra con le sue spinte rabbiose
animato dall’odio, diresti!
Sussurrato all’orecchio da uno spirito di vendetta,
crepa e frantuma
come il presente il futuro farà breccia
sotto le sue armi
già forti
tenace e coriaceo mostro,
vedendolo: un’arma, perfetta.
Crepa pietra in sabbia.
Ogni schianto sprigiona energia.
Ogni gesto potere espresso.
Ogni passo sangue stillato e dolore.
Se fossi pietra.
Se le tue mani conoscessero la passione della materia
ogni atomo fratturato ti canterebbe le gesta
dell’eroe perduto.
Ogni grammo di solitaria calce
dispersa ametista,
radiosi cristalli chini come ancelle aspettano
non il sole e il vento di settembre,
non la luce ma quell’ombra che passi fra loro.
Il sale, molecola timida e conforme
prezioso paggio quanto ridicolo servo
di un umano scambio,
attende e spera, anch’egli, che giunga a liberarlo.

Riflette da un lontano giaciglio
la stanchezza e l’oblio
della terra frantumata.

Olio su carne il sangue versato non può che condurre ovunque un giorno
pronuncerò “casa”.
La polvere intorno, accarezzata dai venti
si posa soffice come un perdono inatteso.
L’improbabile traccia di un sogno
come un sentiero si snoda,
depositata ad eterno monito.

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