lunedì 22 febbraio 2010

CANI - Romanzo a puntate. Prologo + #1 Ulularti


PROLOGO



Pelle della giacca bagnata. L’aria che fende la notte è così fredda che fa male respirare.
L’alcol in corpo ha lasciato nella macchina gli ultimi barlumi sbilenchi della mia attenzione.
Un passo e un altro passo. D’avanti l’altro il piede ed un altro passo verso il bancone bianco.
Scintillante di luce fissa e gialla, sopra. Briciole e sale delle noccioline.
Tre Negroni. Fuori da questo buco nella via sgombra, pioggia. Ho ancora la sigaretta in bocca.
Fuori da questo buco. Il silenzio. Taglia più del vento. Adesso. Tacchi, punte lucide di stivali.
La folata di profumo mi stringe la bocca della stomaco. Una straordinaria giornata di pura follia
chimica mi erompe dalla bocca imbrattando quei bellissimi piedi e cado. Rido e mi piscio sotto.
Rido anche quando sento arrivare la botta allo stomaco. Sempre più divertito m’alzo e niente
può contenere l’eruttante rigurgito che sprigiono come un putto indemoniato sulla scintillante
divisa bianca. Intanto il collega con il fido raddrizza schiene m’impartisce la lezione del prete.
Penitente, smetto di ridere.


Sbirri di merda.



#1 ULULARTI

#1.1 Lu

Insomma mi stai dicendo che li vuoi denunciare?

No, ti sto spiegando che voglio l’indirizzo di quella troia che m'ha fracassato le costole.
Lo dico giocherellando con un limone. Me l’appoggio sulla fronte e faccio il verso della foca.

Non mi lascia nemmeno finire il mio numero. È in salotto e telefona. Dalla finestra della
cucina due occhi spiritati e folli mi fissano. Sorrido e quel che ne vien fuori non è
decisamente quello che mi aspettavo. Potresti dirmi dove trovare qualcosa da bere piuttosto
di blaterare con quella testa di cazzo di un avvocato che sai anche te che non ci
capisce una sega? Mentre un per niente interessante piano che ti sente proviene da lontano
trovo quello che cercavo: Vodka. Mi siedo e tracanno.

Questa zoccola sta facendo lo spettacolino della preoccupata e della dispiaciuta. In pratica
sta estorcendo un po’ di tempo da dedicare al mio bel cazzone. E quel coglione si preoccuperà e
sviolinerà la solita logorrea di consigli e di stai tranquilla che ci penso io.
Niente di meglio. Io intanto ho tutto il tempo di preparare lo spettacolino. Accendo il fornello,
scelgo un piatto e apparecchio. La vodka comincia a farmi stare un po’ meglio.
Sento che già mi tira.

La trattativa dura una decina di minuti. Ho il tempo di dare uno sguardo in giro per la cucina
e di trovare un foglio da cinquanta in un’agendina appoggiata su di una mensola, vicino ad
alcuni libri di cucina ed una lavagnetta con scritto: spinaci, corn flakes e assorbenti.

Quindici minuti per prendere il volo ancora un po’ e poi mi butta sulla sedia, al centro della
cucina, si toglie i jeans, le mutandine e mi spinge contro la faccia il suo cespuglio nero e
ispido. Se vuoi le tue informazioni guadagnatele, e da un colpo con i fianchi in avanti, tanto
che l’odore del suo sesso già caldo e profumato mi fa incazzare e mi riempie i pantaloni di
carne fremente, pulsante. Come un nervo teso mi alzo e le ficco il medio dentro.
Forzo con il pugno e lei con un gridolino si lascia sollevare fino a sbattere la schiena nel muro.
La vagina aperta come un delizioso sorriso. Fatto come sono sto quasi per ridacchiare, ma quando lei,
seria, me lo afferra alla base dicendomi coraggio ficcamelo dentro, non ci penso due volte.

Le vengo in faccia, a lei piace, ed anche a me. Poi mi siedo e prendo una bella sorsata dalla
bottiglia ancora aperta. Sento lo scorrere dell’acqua in bagno e lo strascichio di ciabattine da
casa sul pavimento. Quando torna ha un foglietto in mano ed una sigaretta sbieca in bocca.
Tieni te lo sei meritato, mi dice, l’appallottola e me lo tira. È bella. Un po’ magra forse,
ma quelle deliziose scapole le danno un’andatura dinoccolata e sensuale, e quegli occhi gelidi e
grandi uno sguardo attento e a volte dolce. Mi sta guardando come si guarda un autistico, indica
la porta, mi dice: smamma Billy the Kid, Thomas sta per tornare e tu hai ottenuto quello che volevi, mi pare.

Esco con un bacia mano galante, salutato da un vaffanculo e un non fare cazzate ancora più inutile.
Anche stasera l’aria è fredda. Ma non arriva mai sta cazzo di primavera?

domenica 14 febbraio 2010

di Circe

Ulisse Fragile

Resta mondo nei miei occhi stanchi
perchè stasera c'è vino rosso
denso
come sangue.

Illudendomi di poter rispondere
seduto solo in questo spazio di silenzio e acqua
un lucido vecchio
scelgo il nome adatto.


L'inchiostro nelle vene, siringa senza peso
contrasto bianco e una fotografia nel tempo
gridano di sette miracoli che se ci penso piango.


Un negativo d'ascolto.
Mare e moto e calore.
Diacronico disincanto.


Santa che sfugge se in ombra
nel niente dimentica del tempo passato
le parole che ho dento, canòpi pieni all'orlo
mai basteranno al fuggirmi questa malinconia.


Solo per il Libro delle Risposte a tutto, rimango.

sabato 6 febbraio 2010

tutti scrivono tutto

amo scrivere. amo scrivere perchè amo il pensiero. amo il pensiero perchè amo le idee. amo le idee perchè amo i mondi ed amo le storie. l'uomo cresce attraverso la cumunicazione, attraverso la condivisione delle proprie disfatte e delle proprie insicurezze. attraverso i sogni, veicolati in metafore, la decodifica del segno. l'impronta unica, l'ultima verità che rende chi siamo attraverso un mezzo che non fa distinzioni di razza, d'educazione, né di lingua o religione.
se potessimo curiosare in tutti i cassetti appartenenti alla nostra povera, piccola e bestiale razza, troveremmo un tesoro fatto di poesia, di storie e di mondi. finalmente saremo forse in grado di decodificarci, estrarre il divino dalla pochezza che il tempo ci permette di sfruttare, dimenticarci del brutto concetto d'immortalità che preti, materialisti, signori della morale e degli anelli, i buoni e le loro masse di tuttotenenti e nullimmagino, forse anche di creare una felicità.


avete fatto caso che in fondo a questo mucchio di sciocchezze si trova questo simbolo?








si chiama Common Contents


e vuol dire che potete fare quello che vi pare di quello che scrivo se proprio ne avete voglia, basta che citiate la fonte. ed io non vi denuncerò!
fu nell'800 che un certo Signor James Watt - quello dei cavalli vapore per intenderci - inventò una macchina che, nella sua evoluzione, avremmo poi chiamato fotocopiatrice. era un momento importante. dopo il ciclostile la tecnica rubava alla mente l'unicità del suo prodotto. una specie di rivoluzione industriale del pensiero. poi sono cresciuti sempre di più il mercato, il capitalismo, i bisogni ed altre simili barbarie. poi, la proprietà intellettuale, il copyright.
non esiste crescita senza condivisione, educazione senza comunicazione, creazione senza cooperazione.
non riesco a smettere di pensare ai dada ed ai cadavrexquis, al collettivo dei wu-ming e a coloro che vedono nell'arte del divenire la vera evoluzione di una mente collettiva, più grande e divina del singolo, da troppo ferma nel pantano della vanità ( perchè no? condiviamola questa vanità, sarò sicuramente più divertente).
non posso fare a meno di girovagando per blog, in questo mare senza Nord che è la rete. a volte capita di imbattersi in qualcosa che, davvero, non aspettavi. non credo che la Scrittura Industriale Collettiva sia un caso, una derivata del web 2.0, ma il segno di un cambiamento: personale, sociale.
l'idea è quella del fordismo (non ve lo linko, sbattetevene), della catena di montaggio, delle produzioni cinematografiche: in pratica è un moloc che si nutre della carne dei tanti e forse crescendo si mangerà gli avanzi rancidi di questa sghemba realtà editoriale.
a voi la curiosità, non ditemi poi che ho taciuto. qua c'è pure un manuale, il resto è da immaginare e far crescere. insieme.

giovedì 4 febbraio 2010

dell'arte m'importa una sega

parlare di arte è sempre difficile, perchè facendolo si scomoda il concetto stesso di esistenza; inevitabilmente ci si affaccia oltre le ripe scoscese della visione comune, oltre quel muro sottile di cui hanno cantato i Floyd, oltre il quale, saltando nel vuoto, hanno perso vita e la ragione mentale tanti e tanti grandi uomini e donne che furono. vivere il salto non è soltanto più arduo, ma definitivo, implica una scelta d'entusiasmo ( dal greco antico enthusiasmòs, formato da en (in) con theos (dio). Letteralmente si potrebbe tradurre con "con Dio dentro di sé", o "indiamento", "invasamento divino"), il più grande dei sacrifici: perdersi.

quante volte avete parlato del significato di questa parola? io ne ho parlato al bar e a letto, ho litigato a Valencia sul bancone di un pub, me lo sono chiesto di fronte allo specchio guardandomi nel mio cubismo d'animale, l'ho chiesto ad uno stregone malato a praga e come risposta ne ho ricevuto solamente una piuma, persa,nella Moldava. l'ho chiesto al mio cuore morente, in un letto d'ospedale, e ne ho ricevuto solamente silenzio.

e ci penso ancora, non posso fare a meno di pensare ad un gruppo di Rostov sul Don che, nel 1920, pubblicò un manifesto che suonava così:

Manifesto del nullismo

Non scrivete nulla
Non leggete nulla
Non dite nulla
Non stampate nulla

e nel 1920, a Rostov sul Don, tutti i poeti erano nullisti.
adesso, semplicemente, non ci penso più. la risposta verrà da sola, mentre do l'acqua ai fiori, magari, oppure che ho una mezza fetta di torta in bocca, o la saliva di un bacio appena dato.
concludo citando i CSI

Eonica soap opera puntate quotidiane
Assegnate le parti corrono le comparse
Mimporta 'nasega sai
Ma fatta bene che non si sa mai
Mimporta 'nasega sai
Ma fatta bene che non si sa mai

perchè in qualche modo mi permettono di introdurre questo poco politicamente corretto pezzo, che non sarà mai un Haiku e che naque ascoltando i NOFX (ma non c'entra niente).
Firenze crepita in fiamme mentr'urlo sovrastandone il silenzio addormentato
MICA
DORMONO
MORDONO
ATTIMI

lunedì 1 febbraio 2010

la nuova carne e la cattiva politica

troppo spesso cadiamo nell'errore di crogiolarci in quel piacevole senso bianco che ci condanna, atavicamente, a relegarci come centro di un mondo. esseri in bilico sulla sottile linea che separa il reale biologico, schiavi, pressati, giudicati, indicati, e l'endemica sensazione di un mondo "altro". per alcuni una sensazione che ha il peso di un sospiro: per altri una condanna all'irrequietezza e all'insicurezza, senza soluzione né giustificazione possibile.
un postulato della psicologia sperimentale, recita: "l'allucinazione non è altro che lo scivolamento (lento o progressivo) da una realtà registrata dai sensi a un'interpretazione".
le percezioni a cui siamo soggetti ci impongono delle scelte che nella maggior parte dei casi non siamo in grado di affrontare. da una parte la giusta visione programmatica di un futuro a cui difficilmente possiamo dare un senso, dall'altra la pressante condanna che viene dall'umana esistenza. Partecipare o morire.
personalmente penso troppo spesso a Burroughs ed alla Nuova Carne: "Non esiste realtà vera o Reale" diceva il Prete, "non esiste Reale senza che Uomo lo sogni, il resto è cattiva politica" dico io e, in qualche modo, mi piace pensare che saremmo stati d'accordo.


Esita letizia

Sotto l’ombra di un nastro giallo
nascosti insetti d’argento
respinti dalle luci
vibrano ai respiri bassi delle lucertole nascoste,
fino al sole.

Restano indietro solo colori che avevo già tenuto
con in mano un cappello d’aria.
Gli uccelli non volano mai
con la pancia al cielo.

Stretto, non arreso
domo di un comodo conforto conosciuto
non sarà la stessa strada,
non io lo stesso uomo.

L’amore per la mia passione più triste
non cambierà le tue decisioni né il tuo dolore
né giacerò su questa stuoia di seta
come una troia insonne
né l’erba crescerà dalle mie carni
senza radici d’inumana essenza.

Non resteranno quindi che i sapori da lingua a bocca
l’azzurro elettrico, l’abbacinante giallo.
Srotolato come un tessuto
da oriente nasce un altro dolcissimo perdono.
Solo un bacio sussurrato sulla pelle, ancora.